La mediazione volontaria offre un percorso alternativo alla giurisdizione ordinaria per la risoluzione delle controversie, basandosi sulla libera scelta delle parti di ricorrere a un mediatore per giungere a un accordo.
Il D.lgs. n. 28 del 2010 enfatizza l’importanza della mediazione, obbligando gli avvocati di informare i clienti sui suoi benefici, promuovendo così una cultura di risoluzione alternativa delle dispute, che mira a soluzioni più efficaci (o meglio più rispettose delle esigenze e dei reali bisogni delle parti) e meno costose.
Che cos’è la mediazione facoltativa
La mediazione facoltativa (o volontaria) è quindi un processo di risoluzione alternativa delle controversie in cui le parti coinvolte in una disputa decidono volontariamente di ricorrere a un mediatore per tentare di trovare una soluzione consensuale al loro conflitto, senza che vi sia l’obbligo legale di farlo.
Questo tipo di mediazione offre flessibilità e controllo totale alle parti permettendo loro di risolvere la disputa in modo più rapido, meno costoso e potenzialmente meno conflittuale rispetto al processo giudiziario tradizionale.
Nell’ordinamento giuridico italiano, esistono specifiche materie per cui è necessario tentare la conciliazione prima di poter procedere legalmente. Fuori da queste ipotesi, la decisione di ricorrere alla mediazione è lasciata alla discrezione delle parti, definendosi pertanto come mediazione facoltativa.
Le situazioni che richiedono una mediazione obbligatoria sono delineate nell’articolo 5 comma 1 del decreto legislativo 28/2010, includendo controversie relative a condominio, diritti reali, divisioni, eredità, patti di familiari, locazioni, prestiti, affitti di azienda, danni per negligenza medica o diffamazione, e contratti assicurativi, bancari e finanziari,
associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura. Per tutte le altre questioni relative a diritti disponibili, la mediazione rimane una scelta volontaria.
Differenze tra mediazione obbligatoria e mediazione volontaria
Le due principali categorie di mediazione, quella obbligatoria e quella volontaria, differiscono tra loro sostanzialmente per modalità di accesso, ambito di applicazione, obblighi procedurali e conseguenze legali.
Vediamo nel dettaglio.
- Ambito di Applicazione
- La mediazione obbligatoria è prevista per specifiche materie, quali: controversie relative a diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno da responsabilità medica, da diffamazione a mezzo stampa o tramite altri mezzi di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura. In queste materie, le parti sono obbligate a tentare la mediazione prima di poter accedere al giudizio.
- La mediazione volontaria può essere intrapresa in qualsiasi controversia avente oggetto diritti disponibili, purché le parti lo desiderino. Può essere scelta liberamente dalle parti come metodo per risolvere la loro disputa.
- Modalità di Accesso
- L’accesso al giudizio per le materie soggette a mediazione obbligatoria è precluso fino al tentativo di mediazione. Questo significa che le parti devono necessariamente avviare il procedimento di mediazione e solo in caso di fallimento del tentativo, possono rivolgersi al tribunale.
- Per quanto riguarda la mediazione facoltativa, le parti possono decidere in qualsiasi momento di avviare un procedimento di mediazione, senza alcuna preclusione o requisito preliminare. La decisione è basata sulla volontà comune di trovare una soluzione conciliativa alla controversia.
- Obblighi Procedurali
- Nella mediazione obbligatoria le parti sono tenute a partecipare personalmente alla mediazione
- Nella mediazione facoltativa, non ci sono obblighi, sanzioni e/o conseguenze procedurali specifiche.
- Conseguenze Legali
- Il mancato esperimento del tentativo di mediazione, quando questa è obbligatoria, comporta determinate conseguenze:
- 1) dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile;
- 2) quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte poi costituitasi in giudizio che non ha partecipato al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per quel giudizio (in questa ipotesi, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione).
- Nella mediazione volontaria, non sussistono particolari conseguenze legali per il mancato avvio o la mancata conclusione del procedimento.
- Risultati e Accordo
In entrambi i casi, se la mediazione ha successo e le parti raggiungono un accordo, questo ha valore di titolo esecutivo, permettendo l’esecuzione forzata degli obblighi in esso previsti.
In sintesi, la principale differenza tra mediazione obbligatoria e mediazione facoltativa risiede nella libertà delle parti di scegliere quest’ultima come strumento di risoluzione delle loro controversie, nonché nelle specifiche conseguenze e sanzioni previste dal legislatore per quanti non introducano o partecipano alla mediazione quando questa è, invece, obbligatoria.